I
Salumi Abruzzesi
Qui di seguito una
breve carrellata sui salumi più famosi della tradizione abruzzese,
il mio pensiero si ferma e nostalgicamente mi porta ai profumi e
i sapori dello Spresciale e della Salcicce che mia nonna preparava,
e che ci faceva arrivare per Natale.
Scattava in noi
più forte che mai il desiderio di tornare al nostro paese che tanto
ci mancava e che così radicalmente avevamo dovuto lasciare... desiderio
che veniva fortificato anche da quei semplici insaccati che, nel
nostro peregrinare non hanno mai trovato eguali....
Le mortadelline di
Campotosto Testi e foto
di Giovanni Lattanzi
Sulle sponde del lago, a 1400 metri di quota, il
maiale viene da decenni scrupolosamente selezionato. Cresciuto con alimenti
naturali, che vanno direttamente a influire sulla qualità delle carni, viene
macellato in età più matura (al contrario di quanto succede in altre zone
d’Italia) per assicurare consistenza alle materie prime: spalla e lombo. I
pezzi, passati in un tritacarne rigorosamente a mano (a motore riscalderebbe
pericolosamente l’impasto!), vengono conditi con sale e pepe (null’altro) e
messi a riposare. Delicatamente appallottolati (i veri maestri riescono a fare
un peso praticamente perfetto, solo pochi grammi di differenza) restano a
riposare ancora un po’ prima della fase tipica della lardellatura. Una
bianchissima colonnina di lardo viene a questo punto collocata al centro
dell’impasto che, sua volta, viene “incartato” nel budello. A differenza di
tutti gli altri insaccati, che vengono pressati con un’apposita macchina
all’interno del budello, la Mordadella di Campotosto viene delicatamente avvolta
nel budello, poi chiuso su di un fianco da un’abile cucitura. Lavoro, questo,
che il mastro salumiere delega volentieri al gentil sesso. A questo punto non
resta che legare il tutto con lo spago, tirato con l’insostituibile bastoncino
d’acero, per dare alla Mortadella la caratteristica forma a spicchi. Si passa
quindi all’asciugatura in un ambiente tenuto caldo dal caminetto. Le Mortadelle,
legate a due a due, si mettono in fila su una pertica per prendere quel tanto di
fumo che le rende inimitabili. Poco più di tre mesi di stagionatura, questa
volta in locali freschi e asciutti, e il capolavoro di Campotosto è pronto per
raggiungere le tavole di pochi (pochissimi) fortunati.
Campotosto A Campotosto siete già nel cuore del parco del Gran Sasso -
Laga e ve ne accorgerete facilmente guardandovi attorno mentre siete ancora
sulla strada. La maggiore attrattiva di Campotosto è il lago omonimo, dove
potrete pescare, navigare a vela e nella stagione calda cercare refrigerio nelle
sue fresche acque. Se poi siete veri appassionati di windsurf l’acqua quasi
sempre calma ed il vento che qui spesso soffia teso ed impetuoso vi offriranno
condizioni altrove rare e vi permetteranno di correre veloci da una riva
all’altra. Il lago è artificiale e fu creato negli anni ‘40 allagando una vasta
zona paludosa per attivare le turbine di una centrale idroelettrica; nel 1984 è
divenuto area protetta con il nome di Riserva Naturale di Popolamento Animale
Lago di Campotosto. Campotosto è il luogo di partenza ideale per una grande
varietà di itinerari con i quali, se siete in vena di camminare nella natura,
potrete raggiungere alcune tra le principali cime della Laga.
Il paese, come pure quello vicino di Colle Mascioni
sono stati interamente ricostruiti in tempi abbastanza recenti dopo essere stati
devastati da calamità naturali e vicende storiche (questi borghi ebbero screzi
in tema di confini con gli abitanti di Amatrice e furono dati alle
fiamme).
Da Campotosto si puo scendere verso la Salaria che unisce
Ascoli a Rieti, raggiungendo Amatrice, famosa per la sua gastronomia, e il
pittoresco laghetto di Scandarello. In alternativa potete scendere sul versante
opposto, raggiungendo il Passo delle Capannelle e dirigervi quindi verso Teramo,
lungo la suggestiva strada che passa attraverso strette gole e supera Montorio,
oppure alla volta dell’Aquila
I salsicciotti dell'Alto
Vastese Testi e foto di
Giovanni Lattanzi
Il Salsicciotto di Guilmi, detto anche lumello, è
un prodotto oramai mitico della cultura contadina abruzzese. Un salume preparato
con le parti più nobili del magro di maiale insaccate nel budello naturale.
Asciugatura ancora “a caldo”, ma questa volta in locali areati, e stagionatura
variabile per permettere agli aromi di diventare più intensi grazie
all’evaporazione dell’acqua e all’elaborazione, ad opera della microflora
presente, di sostanze che caratterizzano il profumo e il sapore. Poi il tocco
finale affidato alla conservazione sotto grasso per proteggerne la fragranza e
la morbidezza. Procedimento, questo, che rende praticamente unico ogni
salsicciotto. Una prelibatezza divenuta ormai rarissima e proprio per questo
maggiormente a rischio nell’accennato panorama delle multinazionali alimentari.
Il Salsicciotto di Guilmi, narra la tradizione locale, non può essere venduto ma
solo scambiato. Un monito quasi profetico che la dice lunga sulle insormontabili
difficoltà che un prodotto del genere può avere sul mercato. Un’altra “minoranza
alimentare” che rischia di essere inesorabilmente schiacciata dalla legge dei
grandi numeri.
Guilmi Arroccato tra le montagne dell’estremo sud abruzzese,
Guilmi si trova in una zona assai ricca di preziose testimoniaze del passato
remoto della nostra regione: San Buono, Furci, Palmoli, Tornareccio sono tutti
luoghi che conservano resti dei villaggi italici che popolavano queste terre
oltre 2500 anni fa.
Juvanum Nei pressi di Montenerodomo, accanto alle rovine
dell’abbazia di Santa Maria del Palazzo si trova una delle più belle ed
interessanti aree archeologiche d’Abruzzo. Juvanum fu una prospera città fondata
dagli antichi abitatori di queste terre, forse la tribù italica dei Frentani,
forse quella dei Carecini di stirpe sannitica. Venne poi conquistata dai romani
che ne fecero uno dei loro più importanti municipi nell’area, tanto importante
che persino Plinio il Vecchio ne parla nelle sue cronache. Sono visibili i resti
dell’acropoli e del foro, centro della vita pubblica di questa antica città,
ed il piccolo teatro, uno dei più belli
scoperti sino ad oggi in provincia di Chieti. Accanto al foro sono i resti
di una basilica pagana, forse dedicata al culto dell’imperatore. Poco distante,
tra le rovine dell’abbazia cistercense di Santa Maria del Palazzo, gli
archeologi hanno scoperto i resti di due tempietti gemelli, uno dei quali
dedicato ad Ercole.
Schiavi
d’Abruzzo Passando per Carunchio, dove è interessante fermarsi nella
chiesa del paese per vedere lo splendido organo in legno, si raggiunge Schiavi
d’Abruzzo. Qui si trova un eccezionale luogo sacro degli italici dove e ancora
oggi possibile vedere due templi, uno dei quali perfettamente
ricostruito.
Salumi Le ventricine teramane e chietine Testi e foto di Giovanni Lattanzi
Esiste anche un salume spalmabile, impareggiabile
sulla bruschetta. Si tratta della Ventricina di Crognaleto, caratterizzata da un
profumatissimo e morbidissimo impasto. Una macinatura fine che la differenzia
dalla cugina teatina di Roccaspinalveti, e Guilmi con grana piuttosto spessa e
meno compatta da affettare. Preparati con carne grassa e magra condita in
maniere diverse e piccanti, conservata nell’immancabile budello naturale o in
invitanti vasetti di vetro pronti all’uso. Il contrasto tra il sapore dolce del
grasso di maiale e il piccante crea un’armonia che conquista i buongustai.
Elemento comune delle due ventricine è l’uso nell’impasto di abbondante peperone
dolce e piccante che gli conferiscono la caratteristica colorazione rossa.
Questo tipico prodotto della cultura contadina abruzzese legava allo spessore
del lardo (più di un palmo!) auspici per la ricchezza dell’annata. Altri
tempi!
Crognaleto Il nome Crognaleto deriva dal dialettale crognale e
cioè corniolo, la pianta che produce frutti commestibili di colore rosso vivo e
il cui legno, duro e pregiato, viene utilizzato per lavori al
tornio.
Con i suoi 1105 metri di altezza é uno dei paesi più alti della
zona e conserva due belle testimonianze del fervore religioso che animava gli
abitanti di queste sperdute valli. La piccola chiesa di Santa Caterina del 1500
è all’interno del borgo, mentre sulla rupe che lo domina si trova arroccata la
pittoresca chiesina della Madonna delle Tibia. Fu costruita nel 1617 e il suo
dedicante, Bernardo Paolini, decise di affiancarle una piccola osteria (la
vedete ancora oggi al suo posto) per il meritato riposo dei pellegrini che
osavano affrontare queste impervie valli.
Dal punto di vista
gastronomico questa non può che essere una terra ricchissima: le specialità
della cucina boscaiola qui sono esaltate, così pure come tutte le varietà di
preparazione della carne di pecora, che trova la sua più alta espressione nella
pecora alla callara. Eccellenti poi gli insaccati, i latticini, i formaggi ma
anche le trote dei limpidissimi corsi d’acqua, che arricchiscono ulteriormente
le tavole di Crognaleto.
Colle del vento L’uomo ha abitato
queste valli da tempi remoti e ciò è dovuto al fatto che essi sono
particolarmente accoglienti grazie alla quantità di boschi, sorgenti, corsi
d’acqua, prati per pascoli. Questa ricchezza ha offerto alle popolazioni,
costrette a fuggire dalle continue invasioni, rifugio sicuro e inaccessibile.
Una prova viene dalle suggestive muraglie megalitiche preromane che si possono
visitare a Colle del Vento di Piano Vomano.
Cervaro Cervaro,
una minuscola frazione di Crognaleto, poche case a strapiombo sulla gola di un
torrente, merita una visita poichè la sua struttura è rimasta praticamente
intatta nei secoli dal 1500 quando fu edificato. In fondo all’unica via del
paese si trova la chiesa di Sant’Andrea, con il suo splendido soffitto in legno
del 1700 interamente dipinto.
Cesacastina Giacchè siete in zona, vale la pena di salire fino
a Cesacastina per visitare Colle Morello, un gruppo di case appena fuori dal
paese dove, sulle grosse pietre squadrate usate come architravi di porte e
finestre, potrete leggere curiosi motti e versetti sacri accompagnati dal
monogramma dei Gesuiti. A Cesacastina non perdete la suggestiva chiesa dei
Santissimi Pietro e Paolo. Un ultima curiosità il nome Cesacastina deriva dai
numerosi castagni presenti nella zona, con “cesa” a significare taglia e
“castina” ad indicare appunto i castagni.
Salumi Salumi e salsicce della Valle Subequana Testi e foto di Giovanni Lattanzi
Proseguiamo il nostro ghiottissimo viaggio addentrandoci nella
splendida Valle Subequana, sulle sponde dell’Aterno, nel territorio del Parco
regionale Sirente - Velino. Qui la lavorazione del maiale risente di una cultura
fortemente radicata sul territorio, protetta nel corso dei secoli da
quell’isolamento che ora la trasforma in una specie di “isola felice”. Il freddo
pungente delle festività natalizie incornicia la “festa” al maiale. Le parti
anatomiche vengono scrupolosamente selezionate e destinate alle diverse
lavorazioni: salami, salsicce, fegati (poi spiegheremo perché ci siamo espressi
al plurale), lonze e capocolli, per parlare solo degli insaccati. Per le
salsicce di fegato, polmoni, milza e altre frattaglie vengono delicatamente
macinati (sempre con tritacarne rigorosamente a mano!) e conciati con aromi e
spezie che, proprio come il nobilissimo e segretissimo liqueur d’expédition che
determina la tipologia dello champagne, assegna al prodotto la denominazione
pazzo o dolce. Una specialità tutta aquilana, la seconda, che richiede il
fondamentale apporto del miele di montagna per conquistare anche i palati più
esigenti, anche quelli di chi solitamente storce il naso di fronte a un prodotto
così particolare. Il pazzo naturalmente sta per piccante, grazie alla presenza
del peperoncino tritato che in alcuni casi riesce addirittura a “tingere”
l’impasto.
Goriano Sicoli A Goriano vale la pena di visitare la chiesa di
Santa Gemma, per vedere la preziosa tela dedicata a Sant’Antonio da Padova, e
quella di Santa Maria Nuova, con il suo portale rinascimentale ed il curioso
rosone nel cui centro c’è la statua del Padreterno. Qui sono conservati un
crocefisso del 1400 ed un reliquiario del 1300. Se osservate poi attentamente il
campanile del paese, vi accorgerete che è stato ricavato modificando la torre
principale dell’antico castello.
Castelvecchio Subequo Il paese
è di origini antichissime, e la più bella prova sono alcuni resti archeologici
testimonianza dei primi cristiani abruzzesi che vissero qui nel 400 dopo Cristo.
Il borgo fortificato è assai ben conservato, e pochi sono stati i cambiamenti
apportati nel corso dei secoli, anche nelle case stesse. Al centro del paese,
circondato da abitazioni costruite nel medievo, ci sono i ruderi del castello,
forse costruito in tempi diversi o probabilmente più volte distrutto e
ricostruito. In paese è molto sentito il culto di San Francesco, tant’è che la
bella chiesa del 1200 è dedicata proprio a questo
santo.
Fontecchio Questo piccolo paese nasconde tra le pagine
della sua storia lunghi assedi e memorabili battaglie. Una di queste, avvenuta
nel 1647, per la sua particolare durezza venne ricordata a lungo dai rintocchi
della torre campanaria, che tra l’altro è molto bella; 50 per altrettanti giorni
di assedio. Nella piazza centrale trovate una fontana in pietra del 1400,
davvero splendida; poco più in alto tra le case arrivate al Castello che domina
l’abitato, dedicato alla Madonna della Vittoria, forse per celebrare una
vittoria militare.
Grotte di
Stiffe Sulla strada che va verso San Demetrio, dopo circa 10 chilometri
da Fontecchio, sulla sinistra trovate il cartello che vi segnala il bivio per la
frazioncina di Stiffe, dove trovate le famose grotte. Le acque di molti torrenti
che nascono nella zona di Rocca di Mezzo, dopo essere finite i pozzi naturali
detti inghiottitoi dell’altipiano delle Rocche, scorrono in mille canali finendo
poi per raccogliersi in un grande fiume sotterraneo che, col passare dei secoli,
ha creato le bellissime grotte di Stiffe. Potrete esplorarle per oltre mezzo
chilometro, camminando tra stretti passaggi e enormi sale decorate da
stalattiti, stalagmiti e cascatelle, alcune alte più di venti metri.
Informazioni
tratte dal sito http://www.profesnet.it
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